Anticoagulanti orali: come trattare il paziente odontoiatrico

Quando un paziente odontoiatrico assume farmaci anticoagulanti orali, il dentista deve intervenire con particolare prudenza, dal momento che tali medicine potrebbero condurre a complicazioni non trascurabili durante l’operazione.
Tuttavia, seguendo un adeguato protocollo, l’odontoiatra può gestire con assoluta tranquillità il paziente sottoposto a terapia anticoagulante orale. Fondamentali sono in questo caso un’attenta valutazione del caso specifico e una stretta collaborazione con il medico curante, così da delineare in maniera precisa il quadro clinico e le modalità di intervento. Ne abbiamo parlato insieme a DENS che svolge la sua attività come dentista a Como.
Anticoagulanti orali e interventi odontoiatrici
Prima di entrare nel dettaglio, è importante comprendere cosa sono gli anticoagulanti orali. Questi farmaci sono prescritti a:
- Pazienti che soffrono di patologie venose o cardiache;
- Portatori di valvole;
- Soggetti a rischio di trombo-embolie acute di natura arteriosa o venosa.
L’anticoagulante orale più utilizzato in Italia è il Warfarin (Coumadin). Tuttavia, sono disponibili farmaci alternativi che stanno incontrando sempre più consensi nell’ambiente medico. Il Warfarin è caratterizzato da un tempo di latenza del suo effetto che può arrivare fino a 60 ore, fattore che impone un accurato monitoraggio del paziente.
Dal momento che il farmaco inibisce l’aggregazione delle piastrine, la terapia anticoagulante orale entra in conflitto con alcuni interventi odontoiatrici che necessitano della coagulazione sanguigna per un esito positivo, tra cui:
- Estrazioni dentarie;
- Rialzo del seno mascellare;
- Asportazione di cisti;
- Implantologia dentale;
- Chirurgia gengivale;
- Ablazione del tartaro;
- Levigatura radicolare.
La conseguenza più immediata dell’assunzione degli anticoagulanti orali è un sanguinamento sensibilmente superiore alla norma durante l’intervento. Allo stesso tempo però, sospendere in maniera avventata la terapia anticoagulante orale aumenta il rischio tromboembolico fino ai successivi 6-7 giorni. Il quadro appena tracciato rende chiaro come sia assolutamente necessaria una minuziosa valutazione rischi/benefici. L’obiettivo finale è quello di ottenere un livello di coagulazione del sangue tale da porre in equilibrio il rischio di trombosi e quello di sanguinamento eccessivo.
Anticoagulanti orali: valutazione del rischio e procedure
La valutazione del rischio di un paziente sottoposto a terapia anticoagulante orale dipende da molti elementi. In primis la tipologia specifica di farmaco assunto. I nuovi anticoagulanti ad esempio sono caratterizzati da un periodo più basso di rischio tromboembolico e richiedono perciò un minore controllo dell’INR. Acronimo di “International Normalized Ratio”, questo parametro indica la capacità aggregante del sangue. Per intervenire su un paziente che assume Warfarin esso deve essere compreso tra 2 e 3, mentre per i moderni anticoagulanti orali non esiste un valore specifico. Ciononostante, rimane fondamentale una corretta anamnesi del medico, per valutare le peculiarità del caso clinico in esame.
A fare la differenza è anche il tipo di terapia. Alcune cure prevedono l’assunzione di un singolo antiaggregante, mentre altre necessitano di due farmaci presi in contemporanea. A seconda del caso, modalità e tempi di sospensione possono variare. La valutazione del rischio è inoltre fortemente influenzata dall’intervento che il dentista deve compiere. Se ad esempio un paziente presenta un valore di INR accettabile e l’intervento non prevede un sanguinamento elevato, interrompere l’anticoagulante orale potrebbe rivelarsi addirittura superfluo.
Da questo quadro generale si evince come una corretta comunicazione sia la chiave per un corretta gestione di pazienti che assumono anticoagulanti orali. Il paziente deve fornire al suo dentista tutte le informazioni relative ai farmaci assunti e ai casi di sanguinamento. Da considerare sono anche le interazioni tra anticoagulanti orali e altri medicinali comuni. Tra quelli sconsigliati sono da citare i FANS. Questi antinfiammatori vanno ad aumentare ulteriormente il rischio di sanguinamento e non devono essere assunti a ridosso dell’intervento. Nessun problema invece per antibiotici e cortisone, che non presentano interazioni rilevanti con gli anticoagulanti orali.
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