Documenti e conservazione digitale: quando è obbligatoria?
Conservazione digitale e documenti a cui si applica
La conservazione digitale non rappresenta solo un processo di gestione dei documenti ma sta diventando a tutti gli effetti un vero e proprio obbligo a cui aziende e enti devono provvedere. I benefici della digitalizzazione sono molteplici, a cominciare da una migliorata efficienza complessiva, tuttavia per molti rappresenta una novità con cui bisogna in tutti i modi fare i conti e familiarizzare.
La conservazione digitale dei documenti (come spiegato sul sito di Savino Solution), in particolare è divenuta obbligatoria per alcune categorie specifiche di documenti, ovvero i contratti con firma digitale, le fatture elettroniche, e i messaggi inviati con PEC.
In generale, possiamo affermare che le aziende sono tenute a conservare digitalmente tutti quei documenti che possono essere soggetti a controlli o contestazioni da parte di funzionari o enti.
Dal punto di vista strettamente legislativo, si parla di conservazione digitale a norma, quando sono salvati tutti i documenti fiscali e amministrativi, così da non incorrere in problematiche relative alla validità. Per fare qualche esempio, documenti sanitari, modelli F23 e F24, avvisi di consegna, bilanci di esercizio e dichiarazioni fiscali, rientrano tutti a far parte delle categorie obbligatorie.
Contratti digitali e documentazione informatica
Secondo le Linee Guida sulla Conservazione e Gestione fissate dall’Agenzia per l’Italia Digitale, il documento informatico ha validità solo ed esclusivamente quando contiene una firma digitale o è comunque possibile risalire al suo autore.
Non solo, la conservazione elettronica dei documenti contabili è effettiva quando si riscontra integrità, sicurezza e immodificabilità nel tempo.
Quando invece si parla di contratto informatico, si intende uno specifico scritto, siglato da tutti quelli in causa attraverso l’utilizzo della sola strumentazione informatica. Il suo scopo è quello di rendere il flusso di lavoro più veloce e lineare, oltre all’effettivo risparmio tipico della gestione della documentazione elettronica. Grazie all’utilizzo della conservazione sostitutiva dei documenti contabili per esempio, si possono difatti automatizzare i processi, così da rendere alcune attività burocratiche molto più snelle e veloci.
Conservazione digitale: come applicarla?
Nel contesto della conservazione digitale, è importante ancora una volta sottolineare che essa si diversifica dall’archiviazione. Quest’ultima infatti si riferisce solamente alla memorizzazione di contenuti ed indica un’operazione che non viene regolamentata da nessuna legge, ma consiste solo nella protezione di dati ritenuti importanti dal lavoratore stesso.
La conservazione dei documenti digitali invece abbraccia tutte le attività progettate per conservare nel tempo specifici documenti, così da garantirne sempre l’accesso ai dati e comprovarne veridicità, autenticità, integrità e reperibilità.
Si tratta di un’operazione operata dall’Agenzia Italiana Digitale che impone anche degli step successivi alla conservazione, come la redazione di un Manuale di Conservazione da presentare alle autorità competenti, che illustri le misure di sicurezza adottate dall’azienda.
In sintesi, possiamo riassumere il processo di conservazione digitale come segue.
1. Al documento informatico vengono associati i metadati, i quali rappresentano le informazione che permettono di comprendere la struttura del contenuto così da riprodurlo fedelmente in forma digitale;
2. alle informazioni ottenuti si aggiunge il Pacchetto di Versamento, ovvero l’insieme dei dati da conservare che permettono di mettere insieme più file relativi ad una specifica pratica,
3. il Responsabile della Conservazione appone firma digitale e marca temporale, in modo da creare il cosiddetto Pacchetto di Archiviazione finale;
4. il documento conservato, viene certificato e aggiornato periodicamente, e deve poter essere presentato alle autorità su richiesta in qualsiasi momento.